Il libro è stato pensato per far riflettere sulle ragioni degli attuali conflitti nell’area ma anche sulle opportunità di riconciliazione in un paese, come il Libano, dove, nonostante gli anni di guerra vissuti, convivono musulmani sciiti e sunniti, cristiani maroniti e di altre denominazioni, drusi.
Dal discorso del Ministro Buttiglione in occasione della presentazione del libro presso la Camera dei Deputati:
“Sono orgoglioso che la cooperazione internazionale italiana abbia voluto riconoscere, sostenere e favorire una iniziativa del genere, una iniziativa di pace. Vi invito a guardare queste fotografie che saggiamente sono state esposte in questa sala. Credo che l’elemento fondamentale che caratterizza le immagini sia il volto dell’uomo: ognuna riflette un’attenzione continua al volto dell’uomo e ci ricorda un dato fondamentale troppo spesso dimenticato: l’altro, prima di essere musulmano o cristiano, alleato o avversario è sempre un essere umano e come tale ha dei diritti, è portatore di ricchezza straordinaria, è in qualche modo al centro dell’universo “ciò che di più perfetto vi è nella natura”, ci diceva San Tommaso d’Aquino. Questa attenzione all’immagine dell’uomo, credo, dia la possibilità di accostarsi ai problemi nel luogo in cui essi si trovano e cioè nel cuore dell’uomo, evitando il ricorso a ideologie o ad analisi strategiche. Guardando queste foto mi è giunto alla mente Giovanni Paolo II e il suo costante affermare che la via della chiesa è l’uomo e, allora, da esso bisogna partire, dalla realtà del suo cuore. E’ come se le fotografie ci introducessero al profondo mistero dell’uomo: l’uomo libanese, a volte cristiano, a volte musulmano, a volte un combattente e a volte un lavoratore; molti di questi uomini un tempo, nella storia dolorosa del Libano, si sono combattuti ma tutti restano uomini ed è da lì che dobbiamo partire. Assieme alle fotografie vorrei, poi, ricordare i testi che rinforzano il messaggio lanciato: attraverso di essi, ad ognuno è stata data la possibilità di esprimersi, si è registrato ciò che ciascuno aveva da dire con un commento esile ma preciso che richiama le ragioni della comprensione e dell’unità. C’è un ritorno continuo ai fondamenti: uomo, famiglia, lavoro; che gli uomini abbiano la possibilità di vivere la propria vocazione, che possano lavorare, innamorarsi, formare una famiglia, avere dei figli. Ciò consente di affrontare i problemi in un modo più umano ed è proprio questo il filo che percorre tutto il libro, attraverso lo sforzo di incontrare l’uomo e al livello più profondo del suo essere”.
Dall’Introduzione di Toni Capuzzo, inviato del TG5:
Ci sono dei momenti in cui è difficile non pensare al Libano, se lo si è conosciuto. Il primo è un momento tragico, e ricorrente nella cronaca, che si ripeta in Israele o altrove: l’attentato suicida, che con imprecisione viene chiamato kamikaze. E’ stato in Libano che il meccanismo moderno e atrocemente perfetto dell’attentato suicida venne messo a punto, contro i marines americani che si erano trincerati nei pressi dell’aeroporto (…). Il secondo momento, tra quelli che spingono a pensare al Libano, è futile e rivestito dell’illusorio ottimismo della pubblicità. Quando guardiamo quei gruppetti di giovani, che sorridono o fanno il broncio allo stesso modo, pure con colori diversi, accarezziamo l’idea di un mondo affratellato, dove le diversità sono una innocente ricchezza (…). Questo libro è, nei suoi intensi ritratti, una galleria di persone che forse sorridono meno, forse non tengono il broncio, ma si conoscono, si sono odiati e amati, conservano vecchi rancori o esibiscono una fiducia rinnovata: tutto infinitamente più vero di qualunque pubblicità. Mi piace, di questa galleria di umanità, il rincorrersi di volti importanti e di gente qualunque, quel piccolo spaccato di vita quotidiana che viene dall’allegria dei meccanici o dalla serietà della dottoressa con il velo. La foto meno bella, perché manca l’elemento umano, è la più simbolica: quella tomba del santo Abbad, che gli uni – i musulmani libanesi- vogliono devoto del profeta e gli altri – gli israeliani- credono rabbino. E’ divisa minuziosamente a metà, con la rete metallica che segna il centro del sepolcro: un autentico monumento ai conflitti del Medio Oriente, alla guerra tra i popoli figli del Libro nella culla delle nostre fedi. A sorvegliare quel punto di confine, quando ci sono capitato, c’era una compagnia di caschi blu ghanesi, che scuotevano la testa sorridendo un po’ increduli ma rispettosi, come si fa davanti ai fenomeni di fede, quando rivelano una forza primitiva e incomprensibile, grande e lontana.